8 Settembre – 11 Ottobre 2008
Palazzo Albrizzi, Venezia
Rainer Maria Rilke
Il poeta e i suoi angeli
Una mostra a cura di Pier Giorgio Carizzoni
Promossa da ACIT Venezia – Forum Austriaco di Cultura a Milano
Associazione Culturale Italo – Tedesca onlus
Palazzo Albrizzi
Cannaregio 4118
Tel. 041 523 25 44
acitve@shineline.it
A.C.T.V.: fermata Ca’ D’Oro
Associazione Culturale Dioniso
Via del Torchio 10
20123 Milano
Tel. 02.72.00.41.00
www.associazioneculturaledioniso.it
ass.dioniso@gmail.com
A Rainer Maria Rilke
Nato nella Praga austro-ungarica di lingua tedesca, come Kafka e Werfel, il poliglotta Rilke legge e scrive correntemente il francese, studia appassionatamente il russo, controlla le traduzioni italiane delle sue poesie, stringe amicizia con decine di interlocutori delle più diverse nazionalità . Senza fissa dimora e sempre in cammino, attraversa instancabile l’Europa, dalla prima visita a Monaco appena ventunenne agli ultimi soggiorni di cura nella clinica svizzera di Valmont ormai cinquantenne. Nel primo ventennio del secolo lo seguiamo nei viaggi dalla Russia di Tolstoj e Pasternak (in compagnia di Lou Salomé), alla Venezia di Eleonora Duse, dalla Parigi di Rodin e di “Malte” alla Vienna di Hofmannsthal e Freud, dalla colonia di artisti di Worpswede presso Brema ai faraglioni di Capri, dal “castello sul mare” a Duino al Castello di Muzot presso Sierre.
Tra il 1897 e il 1920, anno del suo trasferimento in Svizzera, Rilke, appassionato viaggiatore, soggiorna ben dieci volte a Venezia, per tempi più o meno lunghi. Forse solo il suo amore per la “Ville Lumière” poteva tener pari alla predilezione del poeta per la Città lagunare. Rilke ama Venezia, ma – sensibile all’eterno femminino – ama anche le donne quivi incontrate, da Mimì Romanelli a Pia Valmarana, da Eleonora Duse a Gisela von der Haydt. Resta profondamente legato all’unica donna capace di consigliarlo, criticarlo, persino di rimproverarlo, amica e mecenate, sempre disposta ad accoglierlo nel suo Mezzanino sul Canal Grande, con la generosità con cui lo aveva ospitato al Castello di Duino: la Principessa Marie von Thurn und Taxis-Hohenlohe.
Con lei ora si muove alla conquista di Venezia, visitando chiese, musei, gallerie. I dipinti che ritraggono figure femminili gli suscitano profonde sensazioni, ch’egli cela in sé per farle riemergere nella sua poesia, perché “i versi non sono – come la gente pensa – sentimenti innati. Sono esperienze. Per creare un verso devi vedere città , uomini, cose. Devi ricordare viaggi in regioni sconosciute; giornate trascorse in stanze silenziose; mattinate al mare, notti di viaggio che si allontanano con il loro fruscio”. Soprattutto la pittura dei Maestri veneziani gli è fonte d’ispirazione: attraverso gli occhi del Carpaccio ricrea in “Die Kurtisane” la figura di una cortigiana del ‘500, sensuale e venale ad un tempo, che ha rubato al sole l’oro dei suoi capelli. Vi traspare una malcelata allusione alla mercificazione che Venezia sa fare di sé. Un giudizio amaro che emerge spesso in Rilke davanti ai frusti problemi del quotidiano, come di fronte ad un gestore troppo esoso. Il che non muta però il suo atteggiamento ammirato nei confronti di Venezia, “di per sé grande opera d’arte, ricca di tesori raccolti in un spazio ristrettissimo”.
E’ difficile per Rilke instaurare un dialogo personale con questa città , al di là della tradizione. Procede per altre vie, che non sa però dove potranno condurlo. ”Sarebbe bene sapere che cosa ci si aspetti l’uno dall’altra” – si chiede, ma il suo quesito non sembra trovare risposta.
Non voglio spingermi più oltre nell’approfondimento di questo rapporto di Rilke con Venezia. Mi affido all’autorevole guida del curatore di questa mostra, Pier Giorgio Carizzoni, che ci saprà condurre attraverso le diverse tappe della vita di questo poeta, che ebbe a dire di Venezia: “Se Venezia è dovunque, in ogni prospetto, in ogni riflesso, mille volte è presente nei dipinti: nei dipinti sta la sua essenza“.
Ringrazio Pier Giorgio Carizzoni per averci consentito, dopo l’importante mostra al Castello di Duino, di scoprire alcuni degli angoli più nascosti del mondo Rilkiano. Un particolare ringraziamento va al Direttore del Forum Austriaco di Cultura di Milano, Mag. Georg Schnetzer, e al Consolato Generale di Germania di Milano per il supporto dato alla realizzazione di questo evento.
Nevia Pizzul Capello
Presidente
Associazione Culturale Italo-Tedesca onlus Venezia
Venezia, 6 agosto 2008
Rainer Maria Rilke e i suoi angeli
Proprio le Elegie di Duino, capolavoro universalmente riconosciuto, completano la ricerca rilkiana di uno sguardo “nuovo” che superi la mera apparenza e la caducità delle cose, per giungere al “lavoro di conversione continua dell’amato visibile e tangibile nell’invisibile vibrazione e agitazione della nostra natura”, alla ricerca dell’essenza delle cose, di una loro profonda comprensione, che si trasfonda in parola, verso, canto.
Dalla complessità della poesia rilkiana e dalle sue raffinate esegesi, scaturisce una stupefacente modernità di pensiero: Rilke intuisce e descrive l’inesorabile approssimarsi di un appiattimento omologante della condizione umana, la brutalizzazione e violazione della natura con l’avvento della meccanizzazione forzata (oggi diremmo della tecnologia avanzata) e della produzione di “cose vuote”, l’orrore delle metropoli nelle quali dominano fretta e superficialità dell’agire, la corsa al denaro e al possesso, l’indifferenza per i sofferenti. Rilke prefigura la progressiva dissolvenza delle cose in icone/feticcio, in potenti emblemi virtuali, finte riproduzioni seriali dalle sembianze sfuggenti; ci invita a tornare alla semplicità dello sguardo dei nostri antenati e al patrimonio millenario di saggezza radicata nel genuino contatto tra uomo e natura, ad accettare la precarietà dell’esistenza trasformando i nostri sogni e progetti in cose, in entità realizzate. Il poeta ci esorta a sradicare con coraggio le vecchie e rassicuranti abitudini per ricercare una autentica intimità con il Tutto, spalancando gli occhi sulla vacuità dei miraggi che costituiscono la meta quotidiana di tanti uomini contemporanei, preda di penosi assilli per bisogni inappagati o inappagabili.
“Si tratta, con coscienza profondamente terrena, di introdurre ciò che qui vediamo e tocchiamo nell’orizzonte più ampio, estremo. Non in un aldilà la cui ombra oscura la terra, bensì in un tutto, nel tutto” Rilke
Pier Giorgio Carizzoni
Curatore
Epilogo: Sfogliando felice le rose
“Scoprii una nuova dolcezza: posare gentilmente sugli occhi una rosa, sino a non percepirne più la freschezza: soltanto la dolcezza dei suoi petali indugia ancora sulle mie palpebre come il sonno prima del levar del sole”. Così il giovane, romantico Rilke nel suo diario preannuncia una passione che lo accompagnerà sino alla iscrizione tombale dove ha voluto elevare un inno alla rosa e ai petali/palpebre che accompagneranno il suo sonno eterno.
Le rose rilkiane, mescolanza contraddittoria di bellezza fiorente ed effimera, emanano un profumo inebriante (“La tua flagranza, a noi, grida da secoli i suoi nomi più dolci”), divenendo “soffio divino”, epitaffio funebre, possesso e perdita, grembo aperto.
Rilke si circonda di rose, ne regala con dovizia alle amanti e alle amiche: lo immaginiamo incedere delicato con un bouquet in mano e una lettera di poesie d’amore in tasca (“Moi, j’aime les roses épistolaires / Io amo le rose epistolari”) a Venezia, tra calli e ponti, inseguendo la scostante Eleonora Duse o l’affascinante Mimà Romanelli.
Tra le pagine dei suoi libri inserisce petali di rose “luminose”.
La mostra si chiude con un florilegio di rose e di versi, tra cui quelli dell’iscrizione tombale nel cimitero di Raron, nel Vallese, dove il poeta cinquantunenne fu sepolto il 2 gennaio 1927, pochi giorni dopo la morte per leucemia.
Rosa, oh contraddizione chiara, desiderio, di nessuno essere sonno sotto così tante palpebre. Rilke
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